En italien

9 maggio 2004

Cronaca del processo ai militanti indipendentisti bretoni.

Presentazione

Cari compagni questa è una cronaca parziale di un processo politico dello Stato francese contro un gruppo di militanti per l’indipendenza della Bretagna. Ho seguito il meglio che ho potuto questo processo per due motivi fondamentali:
1 esprimere con la mia presenza la massima solidarietà ai militanti bretoni.
2 conoscere i meccanismi del processo politico per poter comprendere quale sia il giusto comportamento difensivo che i rivoluzionari devono avere per raggiungere i loro obbiettivi.
I limiti principali di questa cronaca derivano dalla comprensione parziale della lingua francese, per questo piuttosto che inventare ho scritto solo quello che effettivamente ho compreso (Per avere altre notizie più dettagliate vi consiglio di consultare il sito apa.online.free.fr ). Talvolta risolvo il problema con commenti personali o riportando il senso delle affermazioni e il loro obbiettivo, che però ovviamente sono frutto del mio giudizio o comprensione. Alla fine di questa cronaca avrei potuto aprire un capitolo personale sulla valutazione degli episodi di questo processo, sui modi in cui è stato condotto sia dai militanti bretoni che dai rappresentanti della borghesia imperialista. Però visto che già ho disseminato la cronaca di commenti e interpretazioni personali non voglio infierire e lascio ai pazienti lettori la libertà di riflettere sui metodi che la borghesia imperialista utilizza per colpire non solo nella libertà, ma anche nello spirito i sinceri rivoluzionari. Essi tuttavia resistono e non cedono. Voi potreste obiettare che se la “giustizia” ricorresse ai metodi di Guantanamo probabilmente i rivoluzionari prigionieri sarebbero piegati e tutti i ragionamenti intorno a questo processo sarebbero inutili. La realtà è che la borghesia imperialista si spinge a violare la sua stessa legalità in proporzione ai suoi obiettivi. Gli Stati imperialisti pensano di poter cambiare le regole in rapporto ai loro obiettivi, modulandoli quel tanto che basta per dimostrare l’”umanità” della loro giustizia. Però lo devono fare in rapporto a quanto i movimenti politici sanno parlare alle masse popolari e promuovere la loro solidarietà verso i rivoluzionari prigionieri. Il parlare alle masse oggi significa indicare puntualmente tutti i casi in cui lo Stato imperialista calpesta le sue stesse leggi, denunciare sistematicamente l'asimmetria di diritti che la borghesia imperialista instaura in suo favore. Di fronte alla capacità di parlare alle masse popolari la borghesia è costretta a fermarsi nel suo libero arbitrio nell’uso della violenza. Oggi questo è dimostrato anche nelle situazioni più drammatiche come l’Iraq, l’Afghanistan e la Palestina. L’uso indiscriminato della tortura e della violenza è un’arma a doppio taglio e si ritorce contro chi la utilizza. Per i generali degli eserciti imperialisti si prepara una dura sconfitta nella proporzione in cui i movimenti apprendono a parlare alle masse, a far comprendere la necessità di opporsi ad un sistema che non solo non garantisce benessere, ma anche è simbolo di arretratezza culturale.
Giuseppe Czeppel

[Tra parentesi quadre commenti e note per rendere meglio l’atmosfera del processo e rendere meno fredda possibile la cronaca. Anche per comprendere con quale lente, inevitabilmente personale scrivo questa cronaca.]

Prima udienza 1° marzo 2004
[ Ci alziamo entra la corte, inizia la “messa” laica. La “funzione” della chiesa della borghesia imperialista francese.]
Tanto per dare il polso della situazione l’avvocato dello Stato minaccia un imputato che è arrivato in ritardo a causa del maltempo. Garbatamente l’avvocato dello Stato fa presente all’imputato che può essere arrestato per garantire la sua presenza nell’aula.
[ A proposito di puntualità lo Stato francese si è sbizzarrito alla ricerca di trucchi e cavilli per prolungare la detenzione preventiva dei militanti bretoni. Probabilmente questo imputato non pensava di fare cosa grave, inoltre essendo un operaio probabilmente non aveva la possibilità economica di arrivare qualche giorno prima a Parigi e soggiornarvi tranquillamente a differenza della borghesia imperialista che per queste cose si fa addirittura pagare profumatamente]
Dopo questo episodio interviene l’avvocato difensore Coutant-Peyre, la quale sottolinea le innumerevoli illegalità commesse contro i militanti bretoni durante l’inchiesta contro di essi. (Gli Avvocati difensori avevano presentato prima dell’inizio delle udienze delle contestazioni sulla costituzione delle parti civili) Segue una discussione su queste contestazioni. In particolare viene contestata la costituzione di parte civile di un’associazione “SOS Attentat” e della società McDonalds Francia. La prima contestazione fondamentale è che il legame tra i militanti bretoni e l’attentato in cui è morta una persona al ristorante McDonalds non è provato in alcun modo. Esistono solo delle congetture. Seguendo questa ottica viene anche contestata la costituzione di parte civile dei familiari della vittima.
L’avvocato che rappresenta SOS Attentat presenta l’attività dell’associazione e risponde in modo molto burocratico alle contestazioni, dicendo sostanzialmente che l’associazione è in regola con le leggi dello Stato.
Gli Avvocati della difesa denunciano il fatto che la costituzione di parte civile di SOS Attentat è un tentativo per accreditare il fatto che il processo ai militanti bretoni si concentra sulla questione dell’omicidio, mentre invece l’accanimento dello Stato contro i militanti bretoni è politico ed è contro la loro attività in favore dell’indipendenza della Bretagna e non per un attentato tra l’altro non rivendicato da nessuna organizzazione bretone.
L’avvocato Coutant-Peyre sottolinea che lo Stato francese ha organizzato un falso attentato per cercare di incriminare di terrorismo le organizzazioni del movimento indipendentista bretone.
A questo punto si leva un grande applauso dalla sala. [È l’unica volta che il pubblico reagisce in maniera vivace. Per quanto ho potuto vedere di persona lungo tutte le udienze del processo non vi sono stati altri particolari segnali dal pubblico, salvo i mugugni rispetto alle affermazioni più provocatorie dell’avvocato dello Stato. In compenso il pubblico non è mai sceso sotto le 30 – 40 persone e per la maggior parte è stato sempre formato dai simpatizzanti bretoni con una presenza costante dei giornalisti. Nelle ultime udienze si sono avute delle punte massime di presenza.]
Il giudice a seguito della dichiarazione che Alain Solé fa a proposito del rifiuto da parte della giustizia francese della scarcerazione per motivi di salute, gli rivolge alcune domande relative al suo stato di salute. [Per la cronaca Alain Solé soffre di diabete e dei disturbi provocati da questa malattia. Ha dovuto fare uno sciopero dell’insulina perché gli fossero prestate le cure necessarie alla sua malattia durante la carcerazione preventiva.]. Alain Solé ribadisce la necessità di essere liberato per questioni di salute.
La corte si concede una pausa per decidere sulle contestazioni sollevate dalla difesa che riguardano la costituzione delle parti civili.
Il giudice, dopo aver respinto le eccezioni sulla costituzione delle parti civili, elenca quindi le parti civili costituite, stabilisce un calendario delle prossime udienze e provvede a elencare i testimoni e predisporre le convocazioni relative.

2 marzo 2004
Ore 14.00
L’udienza si apre con una la lettura degli atti.
Di seguito il giudice fa tutta una serie di domande e di letture di atti riguardanti il profilo psicologico degli imputati. I quali sono stati anche sottoposti a delle perizie psichiatriche a cui si fa riferimento spesso in questa fase del dibattito.
Di seguito viene letto un elenco di attentati attribuiti ai militanti bretoni e all’ARB (Armata Rivoluzionaria Bretone). Questa lettura si conclude alle ore 15.20 e viene seguita dal dibattito che riguarda le eccezioni sollevate dalla difesa sulla costituzione delle parti civili. Una questione sollevata dai difensori dei militanti bretoni riguarda la confusione fra accuse specifiche e condanna del movimento indipendentista bretone. Non esiste legalmente la possibilità giuridica di condannare sulla base dell’appartenenza a un movimento indipendentista (sottintendendo che non vi è una responsabilità dei militanti bretoni negli attentati e che il processo è politico).

3 marzo 2004
Ore 14.20
Viene interrogato Gaël Roblin. Il giudice inanella una serie di domande che riguardano la vita familiare di Gaël Roblin. Le domande tentano di costruire un profilo della personalità di Gaël Roblin. Si scende nei particolari della vita privata con particolare accento sui rapporti con i genitori.
[Mi sembra che il giudice sia amante della teoria della regista tedesca Von Trotta che in un film sui militanti della RAF (Rote Arme Fraction) sostiene che la militanza e la lotta armata sono il frutto di un trauma infantile dei principali dirigenti della RAF.]
Il giudice legge le parti degli atti che riguardano le informazioni sulla vita di Gaël Roblin soffermandosi sulla carriera scolastica e le prime esperienze di lavoro. Vengono lette notizie riguardanti i lavori svolti da Gaël Roblin durante la sua vita e rivolge ad esso alcune domande per avere ulteriori informazioni e chiarimenti su questo punto.
Si apre il capitolo della militanza di Gaël Roblin in Emgann (Associazione culturale bretone indipendentista legale), il dibattito si svolge sempre leggendo gli atti e rivolgendo ad esso domande di approfondimento e delucidazione.
Gaël Roblin ha poi la possibilità di fare alcune dichiarazioni. Nell’intervento descrive l’ignobiltà del comportamento della polizia e dello Stato francese durante i funerali del padre. Le forze dell’ordine gli hanno impedito di rendere un ultimo saluto al padre in modo dignitoso. [Per la cronaca la giustizia francese ha impedito a Gaël Roblin di incontrare il padre nelle ultime ore di vita e dopo gli ha permesso di vedere per pochi minuti la salma scortato da centinaia di poliziotti che hanno letteralmente circondato e invaso il paese dove abitava il padre adducendo questioni di sicurezza, ma forse era un tipo di propaganda dello Stato nel tentativo di rendere inviso il movimento indipendentista bretone attraverso il disagio provocato alla popolazione dalle forze dell’ordine.]
Il giudice poi domanda a Gaël Roblin, a proposito della sua partecipazione in passato alle elezioni politiche in Bretagna, se il programma che lui presentò (di carattere indipendentista) in quell’occasione era condiviso dal popolo Bretone.
Gaël Roblin non risponde a quella domanda rimarcando che egli oggi è sotto accusa in quanto portavoce di Emgann. [Gaël Roblin vuole sottolineare che l’accusa verso di lui è squisitamente di carattere politico.]
L’avvocato dello Stato legge una lettera molto colorita di Gaël Roblin allo scopo di denigrare l’imputato e sottolinearne il basso livello intellettuale.
Un avvocato della difesa contesta l’utilizzo della corrispondenza privata come metodo per stabilire l'atteggiamento politico dell’imputato. [Da queste prime battute è evidente che la denigrazione dello Stato verso i militanti bretoni e il movimento indipendentista bretone è uno dei compiti che la giustizia si pone come obiettivo con questo processo oltre a quello di colpire direttamente gli imputati con pesanti pene. Il processo assume quindi il carattere politico che tuttavia si cerca di celare con la denigrazione. Questa contraddizione si riflette anche nel fatto che l’accusa di essere dei terroristi si coniuga con il tentativo di demolizione del carattere politico dell’attività dei militanti bretoni. Naturalmente solo l’uso della legislazione antiterrorismo permette allo Stato di operare liberamente sul fronte politico della questione dell’indipendentismo bretone senza dover affrontare la questione politica, anzi censurandola.]
Compare un testimone, è uno storico del movimento indipendentista bretone. Egli è anche vice presidente di un’associazione culturale bretone.
Dice che Gaël Roblin ha influenzato in senso altermondialista e spinto verso posizioni di sinistra il movimento indipendentista bretone. Dice che già negli 60-70 si è instaurata la tendenza di sinistra nel movimento indipendentista bretone, cioè alla lotta per l’indipendenza si è affiancata anche quella per la difesa delle condizioni sociali.
Il giudice chiede allo storico di descrivere il profilo politico di Gaël Roblin.
Lo storico risponde dicendo che Gaël Roblin è un ottimo mobilitatore dei militanti bretoni.
Sul piano politico egli ha unito le lotte a carattere sociale con quella per l’indipendenza della Bretagna. Sottolinea che Gaël Roblin non ha apportato elementi politici rilevanti poiché questa tendenza verso la sinistra del movimento indipendentista bretone si era già manifestata prima della sua militanza.
L’avvocato Coutant-Peyre chiede al testimone di descrivere l’ARB.
Lo storico risponde che egli non ha informazioni dirette a proposito dell’ARB. Secondo la sua opinione l’ARB non è un’organizzazione stabile. Sono le condizioni che spingono gli individui a forme di lotta estreme in rapporto alla loro condizione sociale esasperata dalla disoccupazione e da altre forme di degrado sociale della Bretagna.
La collera non è ideologica. Essa si scatena di fronte a reali situazioni di non rispetto dei diritti. Ad esempio non viene rispettato il diritto di poter parlare la propria lingua.
Ad una domanda dell’avvocato dello Stato che vuole evidenziare che la lotta del movimento indipendentista bretone non è utile all'ottenimento di quei diritti, egli risponde che, pur non condividendo la lotta armata, vi è da chiedersi del perchè petizioni, manifestazioni e altre forme legali di protesta non hanno fin qui avuto degli effetti pratici per la conquista di tali diritti.
La risposta gela l’avvocato dello Stato che non può che rispondere con il richiamo alle leggi dello Stato che garantiscono la difesa delle minoranze [Che tuttavia non sono applicate dallo Stato francese].
Parla un altro testimone (dirigente di Emgann). Di professione è insegnante. Testimonia del carattere democratico e nient’affatto estremista di Gaël Roblin. Gaël Roblin è una persona riflessiva che non impone ma argomenta le sue proposte.
L’avvocato dello Stato chiede se la linea di Emgann è cambiata. L’insegnante (che è membro fondatore di Emgann) dice che la linea di Emgann non è mai cambiata.
Un’avvocato della difesa chiede se Emgann è la vetrina legale dell’ARB (Armata Rivoluzionaria Bretone).
Egli dice che Emgann è un’organizzazione che funziona con un metodo democratico. L'organizzazione conta 150 aderenti. Fa notare che non vi è mai stata un’inchiesta sui rapporti tra Emgann e ARB e che l’associazione non ha mai subito inchieste a livello amministrativo.
Segue l'intervento di un altro testimone militante nel sindacato francese CGT [Paragonabile alla CGIL in Italia].
Si dice particolarmente impegnato nella difesa degli immigrati, dei giovani e dei disoccupati.
Conferma il carattere riflessivo e propositivo dell’azione politica di Gaël Roblin.
Gaël Roblin difende le sue idee non con l’arroganza, ma con l’argomentazione e il dialogo. Anche chi non condivide la lotta per l’indipendenza, con Gaël Roblin è costretto a confrontarsi sul piano delle idee e non su posizioni di principio.
Nel suo intervento denuncia l’aggressione che ha subito da parte della polizia politica, che ha distrutto il materiale del sindacato.


9 marzo 2004
ore 14.00

Viene ascoltata una testimonianza riguardante il luogo e le modalità di un attentato. [I militanti bretoni entrano spesso in contradditorio con delle questioni riguardanti testimonianze, anche con quelle che non riguardano in modo specifico i fatti concretamente imputabili a loro.] Si prosegue con altre testimonianze che sono sopratutto utilizzate per attestare l’ipotetica pericolosità degli attentati, la cui attribiti all’ARB (Armata Rivoluzionaria Bretone), ma non è provata l’appartenenza o il ruolo dei militanti bretoni rispetto a questa organizzazione e neppure la loro partecipazione materiale agli attentati. Così una seconda testimonianza, che potrebbe essere considerata inutile perché descrive in dettaglio i possibili effetti di una bomba inesplosa, rivela il lavorio denigratorio verso il movimento indipendentista bretone che sta dietro a questo processo. Infatti questa testimonianza di un ex poliziotto è utilizzata per rimarcare i rischi di un attentato che è stato organizzato in modo maldestro, ma che potenzialmente poteva causare la morte di persone.
Le testimonianze sugli attentati attribuiti all’ARB vengono utilizzate per propagandare l’immagine di un’organizzazione di amici spesso ubriachi e irresponsabili. Si tenta di accreditare l’incapacità a gestire gli attentati in modo da essere sicuri di colpire solo le cose materiali piuttosto che le vite umane. Si vuole dimostrare che l’ARB è un’organizzazione piuttosto approssimativa negando ad essa ogni carattere politico. L’aula del tribunale è qui utilizzata per discreditare l’ARB ad uso dei mass media, in quanto, non esistendo giuria popolare nei processi per terrorismo, le arringhe sono dirette all’opinione pubblica ed ai giornalisti.
In questa udienza si passano in rivista gli attentati e per ciascuno si vagliano le smentite o rivendicazioni dell’ARB rispetto agli attentati. I militanti bretoni rispondono alle domande che il giudice fa per avere una conferma della rivendicazione o meno degli attentati da parte dell’ARB. [Cosa piuttosto ambigua, poiché non essendo provata la appartenenza all’ARB, rispondono a titolo personale come chiunque altro potrebbe fare attingendo dalle notizie dei giornali e delle televisioni!]
Breve discussione intorno ad una organizzazione bretone che rivendica un’attentato, ma che secondo i militanti bretoni è un’organizzazione creata dalla polizia francese e utilizzata come agente provocatore.
Il giudice ha un modo di fare paternalistico e cerca ogni volta di far parlare i militanti bretoni, spesso sottolineando la scarsa importanza delle eventuali affermazioni rispetto a questo o quel fatto. In questo modo il giudice compie anche un’azione per circoscrivere e rendere più innocue possibili le dichiarazioni politiche dei militanti bretoni. Gaël Roblin cerca di riportare il confronto sul terreno politico. Il giudice però continua il suo lavoro come un rullo compressore adducendo spesso “la non significativa importanza della questione politica” rispetto a atti non direttamente correlati all'attività dei militanti bretoni sotto giudizio. Insomma si tenta di fare un processo politico, ma senza che ci sia la possibilità di difendersi sul piano politico. Ogni episodio a cui le testimonianze richiamano assume così di volta in volta una forma utile a negare l’aspetto politico nonostante che su tutta la questione sia calata la cappa della legislazione antiterrorismo. [Uno degli scopi di questo processo è dimostrare che non vi è un legame tra movimenti politici e terrorismo. Per questo è fondamentale cercare di dimostrare che l’ARB e i suoi militanti agiscono da dilettanti e casualmente, senza una vera motivazione politica. Dimostrare in primo luogo che lo Stato non fa un processo politico ai militanti bretoni perchè li considera dei delinquenti comuni. L’ipocrisia e la debolezza dello Stato concentrate in questo processo si avvolgono sulla contraddizione che fare un processo politico significherebbe riconoscere ufficialmente l’esistenza di un reale antagonista, però nello stesso tempo lo si deve colpire in modo esemplare. Il simbolo della giustizia, “la bilancia”, si dimostra azzeccato. Ma sui piatti non vi è il peso della verità contro la menzogna, ma gli interessi della borghesia che contrastano fra affondare l’attacco ai suoi antagonisti politici, ed evitare nello stesso tempo che questo riveli alle masse popolari la grettezza dello Stato e la sua violenza, il che rinsalderebbe la solidarietà con i rivoluzionari prigionieri da parte di strati più ampi delle masse. Da notare per chiudere questa nota che lo Stato francese ha ipocritamente cancellato dai suoi codici la dizione “prigionieri politici”, ma essi esistono, resistono e lottano alla faccia degli alambicchi legislativi.]
I militanti bretoni rappresentano un reale movimento politico e non sono dei terroristi. Il non permettere la difesa politica è funzionale alla dimostrazione che essi sono dei terroristi, cioè che l’uso della violenza è fine a se stessa. Se nel processo il carattere politico si affermasse, cadrebbe anche la teoria che i “terroristi” non rappresentano in alcun modo un movimento politico e di conseguenza non si potrebbe dimostrare, come si vuole in questo processo, che essi sono equiparabili a un generico gruppo criminale. Di qui il tentativo oculato del giudice e dell’avvocato dello Stato di ridurre la vicenda dei militanti bretoni ad un fatto criminale senza connotazioni politiche “importanti”. [La pubblica accusa io la chiamo “avvocato di Stato”. Mi sembra opportuno non riconoscere ad esso il ruolo di rappresentante del popolo poiché esso è il rappresentante della borghesia imperialista francese]. Di fatto vi è la contraddizione che sovrasta tutto il processo: il processo è alla base politico, ma tenta nel contempo di censurare le rivendicazioni di autonomia della Bretagna.
In questa udienza si svolge un contradditorio tra i militanti bretoni e il giudice; un terreno minato per i militanti bretoni rispetto al giudice e all’avvocato dello Stato che sono dei professionisti del contradditorio e della retorica. Infatti il giudice non accetta affermazioni politiche, egli richiede delle risposte “personali” sui fatti e attentati attribuiti all’ARB. Così sposta sempre da politico a personale il problema. Egli vuole accreditare che il processo è agli uomini e non all’ARB o al movimento indipendentista bretone. Il giudice lavora in qualche modo fra la dissociazione che si crea tra appartenenza a un organismo e sentimento umano, per rendere i militanti bretoni responsabili dei fatti, ma non per appartenenza o condivisione di obbiettivi politici specifici. Gaël Roblin si batte per far rimanere il contraddittorio in un’ambito politico e dichiara che le forme di lotta del movimento indipendentista bretone hanno un carattere generale e valido anche per altri paesi.

Ore 15.15

Un testimone parla degli effetti di un’esplosione di un’attentato attribuito all’ARB. Il giudice chiede maggiori dettagli rispetto alle dichiarazioni spontanee del testimone. Il tutto è funzionale alla tesi fondamentale che l’incompetenza degli attentatori è omicida. Quindi discredito e carico di responsabilità sui militanti bretoni.


12 marzo 2004

Ore 14.10

Testimonianza del dottore che ha eseguito l’autopsia sulla vittima dell’attentato al McDonalds. Sembra per lo spettatore disattento una testimonianza inutile, ma è certo che questo accanimento con dovuti ed inutili particolari sugli effetti dell’esplosione sul corpo della lavoratrice del McDonalds sono il necessario e scrupoloso lavorio per poter spostare l’attenzione sulla disumanità del terrorismo, svuotare la vicenda di ogni contenuto politico. [Come non pensare al tentativo inverso, che la borghesia imperialista fa su scala planetaria, per giustificare le guerre chiamandole umanitarie e portatrici di democrazia, tentando di far cadere nell’oblio le migliaia di vittime e i loro corpi straziati dalle bombe gettate a caso sulle case della Palestina, dell'Afghanistan, dell’Iraq e negli attentati di Madrid!]
[Come si vede, da parte della borghesia imperialista le vittime si giustificano con un’assoluta facilità attraverso la questione politica che guida l’uso della violenza. Ma rispetto al nemico “terrorista” si deve negare l’esistenza di una rivendicazione politica degli atti, altrimenti si entrerebbe nella contraddizione che anche le guerre della “superiore civiltà occidentale” sono degli atti di terrorismo!]
Testimonia il capo della McDonalds Francia. Descrive l’azienda come una grande famiglia, di quanto i legami fra i lavoratori siano importanti e quindi di quanto più forte è stato lo choc subito per l’attentato tra i lavoratori. Il suo intervento è molto retorico adeguato alla sua professione di manager [Un esempio di compattezza culturale della borghesia imperialista] tutto teso ad assecondare e ingrandire il caso umano rispetto alla questione politica. Non perde l’occasione per fare pubblicità alla sua impresa ricordando che i prodotti che si utilizzano nel ristorante che ha subito l’attentato sono bretoni.
Segue la testimonianza di un lavoratore della McDonalds. Egli descrive l’attentato e sottolinea i problemi psicologici derivati da esso.
Testimonia la sorella della vittima. Descrive di come fu informata della morte della sorella. Parla dei suoi problemi psichici e della sua famiglia. Dice di aver ricevuto alcune lettere minatorie dopo l’attentato.
Parla una seconda sorella della vittima che lavorava nel McDonalds in cui è avvenuto l’attentato.
Descrive l’attentato e parla, ripetendo pressoché la stessa testimonianza della prima sorella, dei progetti della sorella morta di sposarsi, avere figli ecc. Dice di aver cambiato lavoro e di lavorare adesso a Parigi in ufficio, senza specificare in quale azienda. Alla fine della sua testimonianza l’avvocato che rappresenta come parte civile la McDonalds Francia interviene per specificare e far notare che la donna lavora sempre presso la McDonalds, ma negli uffici. Altro spot pubblicitario della McDonalds così generosa con i dipendenti, scoprendo anche con quali metodi si sono spinti a costituirsi parte civile i familiari della vittima in un processo in cui il legame fra gli accusati e l’attentato al McDonalds sono inesistenti.

Ore 13.15
Il giudice legge dei documenti riguardanti un altro attentato attribuito all’ARB.


15 marzo 2004

Ore 14.25

Parla un’impiegata alle poste in relazione al rifiuto di cambiare un assegno scritto in bretone nell’ufficio di Rennes.
Un secondo impiegato delle poste descrive la telefonata che ha ricevuto da Combat Breton (Organizzazione culturale bretone di ispirazione indipendentista che pubblica anche l’omonima rivista) per protestare contro il rifiuto dell’assegno. L’impiegato dice che i toni della telefonata sono stati cortesi e che essa si è conclusa convenendo che era sufficiente la cifra dell’ammontare in Franchi Francesi perché fossero rispettati i requisiti per il cambio dell’assegno.
Gaël Roblin dice di essere l’autore di quella telefonata a nome di Combat Breton, e che la fece per avere informazioni sulla questione dell’assegno. Conferma che i toni della conversazione furono cortesi. Spiega inoltre che scrivere assegni in bretone è legale.
L’avvocato dello Stato chiede spiegazioni sul fatto che Combat Breton si sia impegnato nel promuovere la compilazione di documenti in bretone. Afferma anche questa iniziativa è una provocazione verso lo Stato. Parla un’imputata militante bretone (non detenuta) e dice che questa è un’azione in difesa della cultura bretone, supportando il suo intervento con riferimenti al diritto all’autodeterminazione dei popoli sancito a livello internazionale e alla difesa della cultura e lingua delle minoranze. L’avvocato dello Stato afferma che la provocazione era un ipotesi e non un’affermazione.
Il giudice continua a chiedere all’imputata come mai per un simile episodio abbia poi causato una lunga conversazione telefonica con Gaël Roblin durata ben nove minuti. [È incredibile come il dossier giudiziario si nutra di ogni piccola particella di verità. Su un granello si sabbia possono costruire un castello! Qui inoltre è ridicolo considerare la telefonata lunga (nove minuti per la cronaca). È inoltre evidente che il dato qui utilizzato è la base di una speculazione, poiché si riferisce alla lunghezza e non al contenuto della telefonata. Il dato a disposizione viene dedotto dai tabulati e non dalla registrazione del contenuto ed inoltre viene collegata all’episodio in questione per una dichiarazione degli stessi imputati.]
Di seguito si passano al setaccio tutti gli episodi che tendono a ricostruire i legami fra ARB e le varie organizzazioni bretoni. Di questa esposizione è da notare che non vengono risparmiate tutte le notizie che tendono a dipingere i militanti bretoni come ubriaconi e terroristi improvvisati.
La discussione tra l’imputata militante bretone e il giudice si avvita intorno alle varie telefonate. Ma nel dossier ci sono solo le durate e i numeri chiamati e non i contenuti e l’imputata risponde che non si ricorda il contenuto delle conversazioni troncando ogni possibilità di proseguire oltre su quello specifico argomento. (Del resto è anche legittimata dal fatto che questo processo avviene dopo più di quattro anni e mezzo dai fatti specifici).
Di seguito parla come testimone il presidente dell’Associazione per la Difesa della Lingua Bretone.

Parla a proposito della questione del rifiuto dell’assegno compilato in lingua bretone. Parla degli attentati agli uffici postali e dei tentativi della stampa di mettere in relazione, distorcendo la realtà, quegli attentati con l’episodio dell’assegno rifiutato. Parla inoltre delle persecuzione che ha subito da parte della polizia. Delle false accuse subite per mezzo della stampa sottolineando di aver poi vinto le cause intentate contro la stampa. Ha subito il sequestro delle apparecchiature informatiche che si è poi trasformato in furto poiché non gli sono mai più state restituite. Sempre per la persecuzione subita dalle forze dell’ordine non ha potuto laurearsi e ricorda come i suoi familiari, in particolare la figlia, abbia dovuto più volte subire lo choc dell’arresto dei genitori. Descrive i suoi rapporti con Gaël Roblin e descrive come il suo entourage lavorativo viene sottoposto ad un costante controllo poliziesco.
L’avvocato dello Stato cerca di dimostrare che il rifiuto dell’assegno è il movente degli attentati agli uffici postali di Rennes.
Il testimone (sempre il Presidente dell’Associazione per la Difesa dell Lingua Bretone) fa notare che la questione dell’assegno non può essere il movente, poiché questo è solo l’ultimo dei molti ostacoli che lo Stato crea a chi difende la lingua e la cultura bretone.
L’avvocato della difesa (Coutant-Peyre) sottolinea il problema dell’accanimento contro i bretoni e la loro cultura da parte dello Stato.
Il Presidente dell’Associazione per la Difesa della Lingua Bretone continua la sua testimonianza, denunciando la schedatura dei genitori dei bambini che frequentano le scuole di lingua e cultura bretone come conferma dell'accanimento repressivo contro la cultura e i cittadini bretoni.
Il giudice si avvia alla ricostruzione dei movimenti di Gaël Roblin per evidenziare i vari legami tra gli imputati. Gaël rievoca il fatto che spesso i messaggi dell’ARB gli erano consegnati in modo anonimo direttamente a casa sua (Attaccati alla porta o nella buca delle lettere). In particolare dice che la rivendicazione dell’attentato al McDonalds gli fu attaccata alla porta di casa. [Questo viene affermato da Gaël Roblin per giustificare il fatto che lui sapesse dell’attentato per primo tra gli imputati e rispetto alle notizie pubblicate sulla stampa]. Aggiunge che questo fatto è conosciuto in relazione ad una sua dichiarazione spontanea.
Il giudice fa notare che questa dichiarazione di Gaël Roblin tende a legare dei fatti che lui, il giudice, non ha a priori messo in relazione. [Con questa dichiarazione Gaël Roblin ha prestato il fianco al giudice che costruisce intorno a questa dichiarazione una vera e propria trappola dialettica]. Il giudice intorno a questa questione formula delle domande farcite di provocazioni. Quando Gaël Roblin risponde sullo stesso piano cade nella trappola costruita dal giudice. Quando tenta di sottrarsi alle domande il giudice candidamente gli risponde che esse sono formulate per l’analisi specifica dei fatti. Dato che questo capitolo è stato aperto dallo stesso Gaël Roblin, è difficile per lui potersi sottrarre alle illazioni e provocazioni del giudice, che approfitta della debolezza della giustificazione di Gaël Roblin sul modo in cui riceveva le rivendicazioni dell’ARB per contestargli il fatto che lui fosse un dirigente di quella organizzazione.

Egli tenta di respingere questa lettura dei fatti da parte del giudice. Il giudice gli fa notare che queste dichiarazioni relative al ricevimento delle rivendicazioni dell’ARB sono state fatte solamente un anno dopo i fatti contestati, questo dunque getta una luce sospetta su quelle dichiarazioni rendendole di fatto inutili a scagionarlo dai sospetti. Gaël Roblin dice che non ha fatto quelle dichiarazioni prima perché è stato interrogato dal giudice solo un anno dopo che era in detenzione preventiva. Il giudice gli fa notare che durante il fermo ha risposto a molteplici domande e che quindi non si spiega il perché egli abbia taciuto su questo episodio. Gaël Roblin risponde che gli erano state fatte domande che riguardavano solo l’episodio dell’assegno rifiutato alla posta. Il giudice vede chiaramente la debolezza della difesa di Gaël Roblin e rincara la dose per quanto riguarda i rapporti che lo legano all’ARB. Il giudice fa notare che il modo in cui Gaël Roblin dichiara di aver ricevuto i messaggi dell’ARB, per via anonima, senza busta e francobollo sono molto sospetti e lasciano aperta l’ipotesi che Gaël Roblin abbia partecipato all’organizzazione di vari attentati rivendicati dall’ARB. Il giudice passa in rassegna tutti i fatti che legano “indirettamente” i vari imputati alle azioni dell’ARB. Per ritornare all’attacco sul fatto che le dichiarazioni tardive su come Gaël Roblin riceveva le rivendicazioni dell’ARB rimangono un fatto che non chiarisce la sua posizione. Gaël Roblin cerca di difendersi sostenendo che tra lui e il corrispondente dell’ARB c’era un rapporto che si spiegava col fatto che lui non censurava e pubblicava su Combat Breton i comunicati, a differenza della stampa francese che li censurava. Il giudice non accetta questa spiegazione e fa notare che tutto ciò fa pensare che lui sia il portavoce ufficiale dell’ARB, piuttosto che un’esponente della stampa. Gaël Roblin cerca di dipingersi come un semplice ingranaggio di trasmissione dei comunicati dell’ARB. Però si contraddice con le affermazioni di relazione di fiducia con la persona che gli inviava i messaggi, in quanto non li censurava, rendendosi quindi non semplice pedina ma effettivo portavoce. Dopo queste contraddizioni il giudice incalza sulla effettiva appartenenza di Gaël Roblin all’ARB.
Lo scontro si conclude con l’invito da parte del giudice al pentimento di Gaël Roblin. Riesce a farlo con una certa eleganza, cioè arrivandoci con allusioni, ma la sostanza è una richiesta di pentimento.
Ovviamente questa domanda cade nel vuoto. Benché vittorioso nel battibecco, il giudice non può piegare lo spirito combattivo dei militanti bretoni che è oggi tanto più forte in relazione all’ingiustizia della lunga e ingiusta carcerazione preventiva e alla violenza repressiva dello Stato contro i Bretoni.
Il giudice non si arrende e continua a fare domande intorno al presunto legame operativo di Gaël Roblin con l’ARB.
In questa fase del processo il giudice è come uno squalo che gira nervoso con cerchi sempre più stretti intorno al succoso boccone rappresentato dalle contraddizioni che sorgono dalle dichiarazioni di Gaël Roblin sul come riceveva le rivendicazioni dell’ARB.


18 marzo 2004

ore 14.15

Parla una testimone che essendo parente di un imputato non presta giuramento.
La testimone risponde più volte di non aver riflettuto sui fatti che riguardano il processo e di non ricordare i fatti per il motivo che essi si sono svolti più di quattro anni fa. [La lentezza dell’inchiesta contro i militanti bretoni dovuta principalmente all’obbiettivo politico dello Stato francese di isolarli dalle masse popolari e impedire loro di lavorare politicamente si ritorce contro la giustizia della borghesia imperialista. Rende evidente anche alle persone “semplici” che lo Stato commette una violenza gratuita contro i militanti bretoni nel tentativo di piegarli e farli pentire.]
Il giudice fa delle domande che hanno lo scopo di far emergere la personalità degli imputati. Il giudice insiste molto per avere delle testimonianze. Egli dice: “Anche dei particolari secondari sono importanti”, nel tentativo di spingere la testimone a parlare. Non riuscendoci, pesca dal dossier un’affermazione della testimone dove essa afferma che gli imputati non possono essere coinvolti in una cosa così terribile, per dimostrare che in realtà essa ricorda e conosce molte più cose e il suo rifiuto di entrare in particolari più dettagliati non è accettabile. Poi la testimone subisce un sermone sul fatto che quel gesto [l’attentato al McDonalds] è figlio dell’ideologia del movimento indipendentista bretone.
La testimone non accetta la provocazione e di conseguenza il giudice passa ad una serie di domande più circostanziate.
Ecco un esempio: “Essendo più volte venuto a casa vostra [riferendosi a Gaël Roblin], non l’avete inteso parlare di questioni inerenti ai fatti contestati?” Ma la testimone risponde ancora di non ricordarsi di nulla. Il giudice insiste, ma visto che la testimone non si contraddice, cioè continua ad affermare di non ricordare, il giudice tenta un’altra via. Essendo essa una parente di alcuni degli imputati, cerca di ottenere per questi delle risposte riguardanti il profilo della loro personalità. Le risposte sono comunque generiche del tipo; “.. é una persona simpatica ... gentile”.
Un avvocato difensore rivolge alla testimone delle domande su del materiale posseduto presso di essa che potrebbe essere stato utilizzato per la preparazione di alcuni attentati attribuiti all’ARB. Un altro avvocato difensore chiede informazioni sul soggiorno di Gaël Roblin in casa della testimone. [In contraddizione con quanto affermava prima quando era interrogata dal giudice, la testimone parla di quegli episodi dimostrando di ricordarsi bene di molti particolari.]
A questo punto interviene l’avvocato dello Stato e attacca subito la testimone cercando di dimostrare che è una militante bretone portando come supporto a questa tesi il legame di parentela con uno degli imputati. Inoltre l’avvocato dello Stato si domanda come mai in tutto questo tempo non ha mai “riflettuto” su quegli episodi neanche con il marito (ritenuto dall’inchiesta simpatizzante del movimento indipendentista bretone). Alla fine l’avvocato dello Stato non ottiene alcun risultato.
Un avvocato difensore pone alla testimone delle domande che riguardano il carattere degli imputati.
Ore 14.45
Entra un’altra testimone. Il giudice gli chiede se ha delle dichiarazioni spontanee da fare. Non ne ha, quindi il giudice passa a fare delle domande riguardanti l’imputato che la testimone conosce personalmente. In generale risponde che le persone che ha conosciuto e che sono imputate sono persone simpatiche e gentili. Il giudice poi passa a fare una serie di domande su specifici fatti, nel tentativo di verificare se gli imputati si sono confidati con lei a proposito dei fatti di cui sono sospettati. L’interrogatorio si svolge sulla falsa riga del precedente, cioè sempre finalizzato a dimostrare che la vicinanza agli imputati deve condurre a pensare che la testimone sia a conoscenza di riflessioni o confidenze sui fatti di cui sono accusati i militanti bretoni.
L’avvocato dello Stato che non ha cavato un ragno dal buco con questi ultimi due testimoni si lancia in un’ultima provocazione e rivolge come un’ultima domanda: “Lei conosce la legge del silenzio?”.
La testimone risponde di non conoscerla e viene congedata.
Ore 16.00 dopo una pausa riprende il processo.
Mancano due testimoni a carico della difesa. Nasce intorno a questo una breve discussione tra l’avvocato dello Stato e gli avvocati difensori, che vengono accusati di far perdere tempo nella prosecuzione del processo. [L’accusa non è proprio così esplicita, è sottintesa] L’avvocato dello Stato ironizza sull’assenza dei testimoni considerando questo fatto come un insuccesso delle presunte pressioni degli imputati sul loro entourage per testimoniare in loro favore.
Entra un testimone che afferma di conoscere praticamente tutti gli imputati.
La prima serie di domande si riferisce a questioni riguardanti il carattere degli imputati.
Le risposte sono come quelle dei due precedenti testimoni. Quindi il giudice si concentra solo su domande che riguardano l’imputato che il testimone conosce ed ha frequentato più da vicino.
Il giudice gli domanda se è lui l’autore di una scritta inneggiante all’ARB. Egli risponde che ha scritto “Bretagna libera”.
Le domande proseguono a proposito delle dichiarazioni che gli vengono attribuite ed alle persone che lui frequentava [dichiarazioni che riguardavano la loro militanza nel movimento indipendentista bretone]. Il giudice cerca di scendere in particolari sempre più fini, ma si scontra con la resistenza del testimone a non dettagliare particolarmente le risposte.
Seguono le domande di un’avvocato difensore al testimone, che permettono ad esso di descrivere quali sono le sue attività. Egli parla del suo impegno nell’organizzazione di attività in favore della cultura bretone e nella promozione di associazioni di volontariato.
L’avvocato dello Stato cerca di avere delle risposte più dettagliate e segue la via di domande che riguardano lo stesso testimone, sul suo carattere e le sue attività.
Le risposte non sono ritenute soddisfacenti dall’avvocato dello Stato e subito è pronta un’accusa di omertà per il testimone seguita dal congedo dello stesso.
Viene letta una testimonianza di una persona che non si è presentata. La testimonianza è utilizzata per descrivere uno degli imputati come “estremista” sulla questione dell’indipendenza bretone.
Il giudice pone alcune domande agli imputati che riguardano la questione della loro appartenenza ad Emgann [Associazione legale per la difesa della cultura bretone].


23 marzo 2004
Arringa [affumicata] dell’avvocato dello Stato. Arrivo solo alle 14.30, ma l’avvocato dello Stato ha già parlato per tutta la mattina.
Nel momento in cui arrivo egli è impegnato nella ricostruzione faziosa dei fatti che tende a dimostrare che tra l’ARB e le varie organizzazioni legali bretoni esiste un filo diretto. Tenta di caricare sulle spalle dei militanti bretoni la responsabilità diretta del maggior numero possibile di attentati. Dipinge come cosa poco seria la lotta armata dell’ARB e afferma che gli attentati servono per restare di moda. [Questo è un esempio degli obbiettivi che lo Stato si prefigge politicamente in questo processo: denigrazione e dimostrazione dell’isolamento del movimento indipendentista bretone dalla popolazione] L’attentato al McDonalds è interpretato come un riflesso della “moda” di boicottare la McDonalds.
Viene citato a sproposito Bové (Capo di un sindacato di contadini francesi e esponente di spicco del movimento altermondialista finito in galera per aver danneggiato un cantiere edile impegnato nella costruzione di un fast food McDonalds).
A Gaël Roblin viene attribuita la responsabilità della scelta degli obiettivi degli attentati dell’ARB, attribuendo quindi a lui la massima responsabilità morale per quanto riguarda la vittima dell’attentato al McDonalds.



Ultima udienza 26 marzo 2004
Ore 10.15
Gaël Roblin denuncia l’illegalità della sua carcerazione preventiva, descrive il carcere come forma di pressione sui militanti bretoni per pentirsi. Fa notare la mancanza di prove per le accuse che gli vengono rivolte. Dice che è adirato anche per il motivo che da questo processo chi si attendeva la verità ne esce deluso poiché le accuse sono basate su prove inconsistenti.
Gaël Roblin dice di rimanere fedele alle sue idee e di pensare già all’avvenire e che non nutre sentimenti di odio. Termina ricordando il padre.

[Questa sera apprendo che i compagni bretoni si sono beccati pene varianti tra i 3 e gli 11 anni. Non sono contento, però a causa della lunghissima e illegale detenzione preventiva alcuni di loro finalmente saranno liberati immediatamente.]

[La condanna che hanno subito i militanti bretoni è una vittoria o una sconfitta?
A mio avviso si tratta di una vittoria parziale perchè l’accusa non ha potuto dimostrare che gli imputati erano i diretti responsabili dell’attentato al McDonalds. Tuttavia lo Stato per non perdere la faccia di fronte alla suo utilizzo illegale della detenzione preventiva si è riservato il diritto di condannare i militanti bretoni in modo da giustificare di fronte all’opinione pubblica la lunga detenzione preventiva.]

[Ai primi di aprile del 2004 apprendo (vedi allegato) che il giudice istruttore ha presentato ricorso contro la sentenza emessa dal tribunale speciale antiterrorismo di Parigi. La sentenza ha effettivamente coperto da una parte l’illegalità della detenzione preventiva, ma dall’altra non ha potuto sostenere le accuse in modo convincente. Le accuse hanno tutto il carattere di essere solo politiche e dal punto di vista delle prove sono basate quasi esclusivamente su una ricostruzione strumentale dei fatti. Lo Stato ha quindi dovuto far ricadere sul lavoro del giudice istruttore la responsabilità di questa parziale sconfitta per salvare la faccia di fronte all’opinione pubblica. Come è naturale, chi è stato colpito in modo particolare (il giudice istruttore) non accetta il ruolo di capro espiatorio. Cosa però dovremmo dire delle vite dei militanti bretoni duramente danneggiate dalla violenza dello Stato francese!]



ALLEGATO
Dal sito apa.online.free.fr

PROCÈS "ARB" du 1er au 26 mars 2004
Pourquoi cet appel contre trois Bretons ?
Skoazell Vreizh(1) apprend que le procureur général de Paris a fait appel contre certains accusés de la décision rendue par la cour d'assises spéciale le 26 mars dernier.

Chacun avait accueilli cette décision avec sérénité, constatant que des juges, bien que réunis dans une juridiction d'exception, avaient, dans leur conscience professionnelle, pris la mesure de l'inconsistance des charges produites par l'accusation contre les militants bretons poursuivis comme complices de l'attentat dramatique de Quévert(2).
Tous ceux qui avaient assisté aux débats du procès avaient pu le constater et les medias s'en étaient nettement fait l'écho.
Certes, nous étions conscients de l'épreuve que constituait ce verdict, après quatre semaines d'audience, pour la famille de la malheureuse Laurence Turbec(3), à laquelle la justice d'instruction anti-terroriste avait laissé croire pendant quatre ans qu'elle avait une réponse à son drame.
L'appel du parquet général, qui ne vise apparemment que trois des accusés de l'affaire de Quévert, intervient curieusement le dernier jour du délai. Le sens politique de cette démarche interpelle. S'il n'apparaît pas concevable que le procureur général ait pu céder aux démarches du lobby SOS Attentats(4) qui s'érige dans ce type d'affaire en véritable ministère privé - et le dossier des Bretons n'a pas échappé à cette politique - faut-il alors considérer que la hiérarchie du parquet ou le ministère en viennent à considérer que pour livrer des coupables à tout prix aux porteurs autoproclamés de la vengeance des victimes, dix magistrats mieux choisis pourraient, en appel, retenir comme suffisantes les constructions intellectuelles de l'accusation, à défaut de preuves sérieuses, contrairement à ce qu'ont fait les premiers juges ?
Cette démarche sélective amène à se demander si la justice française ne tend pas désormais, au nom du « droit des victimes » à instaurer une justice d'exorcisme et à remplacer le principe de présomption d'innocence légalement en vigueur par une quelconque « loi sur les suspects ».
Il faut encore souligner que cet appel a pour conséquence d'interdire toute mesure d'aménagement de peine pour de longs mois encore, alors que l'un au moins des trois accusés visés par cet appel pouvait solliciter une libération conditionnelle à bref délai, et qu'un autre a été normalement remis en liberté, sa détention provisoire ayant excédé la peine prononcée contre lui.
Skoazell Vreizh continuera pour sa part à apporter son soutien indéfectible aux familles des accusés concernés comme elle l'a toujours fait et restera vigilante quant aux délais d'appel et au déroulement du second procès.
P.L.
Skoazell Vreizh
Guérande, le 6 avril 2004

Note
(1) Skoazell Vreizh (Soccorso Bretone) è un'associazione bretone che sviluppa la solidarietà con i rivoluzionari prigionieri bretoni.
(2) Località bretone luogo dell’attentato al fast food McDonalds.
(3) La donna vittima dell’attentato.
(4) Prezzolata associazione della borghesia imperialista francese.